Ora,
non tutte le sequenze audiovisive che ogni giorno i
nostri sensi hanno l’opportunità di catturare
rispondono necessariamente a criteri prestabiliti di
congruità ed esattezza. I semplici fatti di vedere
e sentire non soggiacciono, in ogni caso, a meccanismi
di montaggio, moviola, postproduzione.
Ecco:
l’esperienza di Carnaval
si muove giusto dalla parte opposta rispetto alla convenzione
dell’offrire esattamente ciò che si vorrebbe
vedere (la realtà quasi mai funziona così,
neppure quella più visionaria), del "dover
limare", il "dovere per forza aggiustare"
per rendere "conforme a" un’aspettativa: viceversa,
la sequenza audiovisiva è semplicemente l’espressione
figurativa del carnevale che i miei occhi hanno veduto.
Il mio intelletto (la mia anima) ha quindi drammatizzato
il conflitto tra i due antagonisti (l'uno immobile e
bianconero, l'altra dinamica, colorata e colorante),
il loro incontro e poi ancora, forse, l'amore; la vita,
ineluttabilmente.
Se
c'è egoismo in una siffatta rappresentazione,
d'altro canto non c'è convenzione, ma libertà
assoluta da essa.
iarumasami
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